giovedì, novembre 17, 2005

il popolo della protesta

Ok: oggi, 17 novembre, mobilitazione mondiale della componente studentesca (e spero che nelle altre città e paesi sia andata un po' meglio che a Milano dove essere all'inizio del corteo era praticamente esserne alla fine).
Mentre camminavo per le strade di Milano passando davanti al Piccolo, alla mia vecchia casa e alla mia attuale casa, mentre discutervo del più e del meno conamici e compagni, mi sono trovato a pensare al significato della manifestazione. Non perchè non creda a quello che dicono e neanche perchè non sarei voluto essere lì, ma spesso scopro che mi sfugge qualcosa. Sarà perchè non sono un appassionato di politica e gli argomenti che muovono queste masse di studenti inferociti li conosco poco o niente, sarà perchè, comunque, mi sento sempre un po' fuori luogo tra i manifestanti avvolti in bandiere rosse, che alzano i pugni sinistri e cori costruiti con motti e "melodie" da stadio, sarà perchè ogni tanto qualcuno mi spiazza chiedendomi che cavolo ci faccio lì e mi trovo incapace di rispondere.
In ogni caso sono arrivato alla conclusione che, oggi, a mio parere, le manifestazioni sono solo frutto di quella omologazione e, mi si consenta, globalizzazione che gli stessi manifestanti credono di combattere. Non che pensi di non andarci più, anzi, mi capiterà spesso di anteporre l'utopia di poter smuovere qualcuno imbandendo un corteuccio (perchè oggi questo è stato) alla fondata convinzione dell'ingenuità del credo "della protesta in piazza"; però, ormai, non ci credo più... trovo manchi quella vera partecipazione che fa di un gruppo di ragazzi, che camminano per le strade di una città, un pericolo per il sistema.
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2 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Sono anch'io del parere di non esagerare sul valore di cortei/proteste; sulla impressione di "leggerezza" che spesso si coglie nei cortei ma rimane ferma la convinzione che bisogna continuare a farlo anche quando costa fatica e denaro. Chi sciopera non percepisce quattrini.
E' sbagliato pensare che se "non si fa paura al sistema" non serva.
Uno slogan di alcuni decenni fa recitava che "lo stato si abbatte, non si cambia..." anni "eroici" che però hanno portato alcuni a pensare di andare oltre ogni regola di convivenza e oltre il "valore" della persona.
Continuiamo a manifestare anche "allegramente", male non fa perchè, quando si cambia si rimanga allegri e solidali.
Mingo

4:55 PM  
Blogger Ricchettauz said...

Ma essere in una manifestazione, oggi, non sifnììginfica più nenache voler "abbattere lo stato".
Parlavo/discutevo oggi, durate la cogestione, con una ragazza del collettivo, che mi ha espresso la sua opinione riguardo la segnalazione delle presenza nelle assemblee ("è stupido", "così metà della gente viene solo per paura di dover ortare la giustificazione", ecc.).
Il problema, credo, è ormai decidere se, durante un protesta per modificare delle regole, quelle regole vadano rispettate o meno. Bene: io credo di sì, io credo che se una regola c'è e se non è totalmente assurda debba essere rispettata anche nelle sedi che spingono perchè sia revocata o modificata...
Le manifestazioni, a mio parere, sono oggi solo la dimostrazione di quanto l'interesse e il coinvolgimento per la dinamica inter-personale, o meglio SOCIALE, siano decacduti, siano diventati solo una scusa...
non metto poi in dubbio che ci sia gente che crede in quello che urla e che infrange delle regole "in buona fede", e li ammiro anche non condividendone tutti gli ideale, ma sono pochi e, psesso, con le idee confuse anche loro, o che mescolano la protetsa allo svacco, al non far niente.

Non fraintendermi: non voglio sembrare quelloc he non ha mai infranto delle regole, l'ho fatto, ma quando lo faccio devo sentirmi "moralmente a posto". E questo in molti non succede.

5:22 PM  

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